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6 agosto 2006

Bucarest e poi casa

Early in the morningSabato mattina, tanto per cambiare, si parte presto. L'autobus parte da Panciu con cadenza rarefatta come quelli che attraversano Casaglia. Siamo pieni di bagagli e l'autostop non è consigliabile in queste condizioni. Marciamo verso la "gara" di Panciu. Siamo ben scortati da due signorine della casa, le sole due rimaste a sorvegliare la proprietà, mentre nel resto della Romania sono sparpagliate le altre truppe. Saliamo a bordo del nostro mezzo e partiamo alla volta di Focsani. Obiettivo il microbus per la capitale.

Il viaggio si svolge secondo copione. Io allungo lo sguardo oltre l'orizzonte intessendo nella memoria frammenti di poesia spiccia. Filippo dorme dal primo secondo all'ultimo. L'autista conversa coi minibus che incontra, nel senso di marcia opposto, codificando gli allerta ai posti di blocco della polizia. Entriamo in Bucarest un po frastornati. Compriamo una cartina della città. Individuiamo la destinazione in base all'intersezione delle strade: meno sono regolari e più è facile che si tratti del centro. Un nuovo bus, di linea interna ci accompagna verso l'Università. Non ci sfugge un albergo nel passaggio. In Plaza Rossetti ce ne sta uno carino e di prezzo abbordabile. Appoggiamo le cose e usciamo in cerca di cibo.

Pippo, che ha in mente solo di tornare in albergo e riprendere a dormire, propone una shaorma proprio nel bar di fronte. Lo trascino verso il centro con la prospettiva di un contorno più carino. Arrivati all'incrocio col boulevard una sventagliata di polvere, caricata in aria da una folata di burrasca, ci suggerisce di evitare momentaneamente l'avanzata ispettiva. Ripieghiamo nel primo posto che Filippo aveva proposto e addentiamo la nostra "piadina" rumena appena in tempo. Dal cielo precipita giù dell'acqua da far desiderare una canoa, piuttosto che una macchina, per ritornare verso la maison.

Storming on BucarestCome arrivato, il brutto passa via veloce. Filippo cede alla tentazione e crolla in un sonno profondo da cui lo dovrò risvegliare io per la cena. Io invece galoppo verso il centro. Bucarest è una capitale per nulla fighetta. Ha la maestosità di una Parigi, ma i muri sono molto più sofferti. Non stupisce che qui molti non la amino. Giro a piedi dove capita. Registro i percorsi, sperando di trovare luoghi che possa sentire miei. Li trovo. Sulla piazza del Parlamento sventola la bandiera della nazione. È lacerata sulla banda rossa. In mezzo alla piazza arriva invece rumoroso un corteo nuziale, scortando la limousine degli sposi. Sparpagliati sulle linee del marmo si dispongono in linea, tenendosi per i mignoli. Dalle autoradio esce la musica di un disco. Loro danzano ciechi per mezz'ora, poi si imbarcano di nuovo e ripartono.

Riprendo la camminata per il boulevard maestoso. Anche qui, come nel resto della Romania, incontro quel che da noi è ormai una rarità: i cani randagi. Ce n'è un mucchio e sono tutti nella seconda primavera dell'anno. Cani in amore. Aggressivi, ma solo tra di loro. Di ritorno nella città vecchia mi dedico pure allo shopping. Ne approfitto per discorre in italiano con le due commesse. Mi parlano di un ristorante carino e tipico, giusto di fronte alla banca nazionale rumena. Registro e vado a tirare Pippo giù dalla branda.

Al ristorante ci arriviamo, infine. Si tratta di un vecchio cinema all'aperto, riadattato a funzioni di sollazzo gastronomico. Sul palco si stanno esibendo artisti locali, in generi tradizionali. Il capo sala ci confessa che non sa dove farci sedere. Gli offriamo la nostra espressione più addolorata. S'impietosisce e sparisce a parlottare con un tipo di un tavolo in angolo. E qui avviene l'incontro della serata. Alla mia generazione il nome non dirà niente. Non lo dice manco a noi. Eppure ci ritroviamo seduti al tavolo niente po' po' di meno che con Toni Furnari. Siciliano, sopra i sessanta, con bella voce impostata per il canto. Si esibisce ogni sera in questo locale. Cinque o sei pezzi, mica di più. Ha l'occasione di parlare nel suo idioma e tiene banco.

Baneasa airportToni è il cantante italiano più famoso della Romania. Tutti lo amano. Ha girato il mondo intero e ci racconta, oltre ai dettagli della sua carriera, le caratteristiche in amore di tutte le donne del mondo. Testate sul campo, dice. Noi gli crediamo ciecamente. Parlare con lui ci fa bene, nonostante la distanza degli ambiti di lavoro. È un toccasana per lo spirito e, in qualche modo, ci aiuta a superare la malinconia del ritorno (che non ci arride per nulla). Niente più che una tappa per poi ripartire in viaggio. Questo ci piace. Poi sale sul palco e dedica agli "amici di Ferrara" la canzone "Che sarà". Pur ignorandone le strofe, lo accompagnamo dal tavolo, cantandola tutta dall'inizio alla fine. Quando torna a sedersi discorriamo ancora un po'. Non più solo di donne ed amori. Si parla di storia locale, di regimi e di socialismo. Poi contiamo i minuti e scopriamo che è tardi. Toni ci dà uno strappo fino all'albergo con la sua bmw a targa italiana. Lui abita poco più avanti. Il saluto è una festa al dono che ci ha fatto. Allo scambio. Saliamo a dormire sereni come bambini al seno. L'aereo è solo per l'indomani.

La mattina del 6 chiudiamo il nostro flirt con la Romania. Il taxista ci porta all'areoporto sfilando per nuovi boulevard. Tempo per un caffè ancora. Il check in rumeno ci obbliga a pagare una sovratassa per il peso dei nostri bagagli. Il ritorno alla realtà comincia da qui. Ci imbarchiamo e voliamo verso Venezia, dove ci accoglie il furgone della VAB e due mostri sacri dell'associazione: Paolo Gozzi e suo figlio Marco. A Casaglia ci aspettano per una pasta, cucinata finalmente come si deve da Nedo. Raccontiamo a voce, ma meglio di noi le foto. Poi a casa. Per fortuna l'estate svuota la città di Ferrara. L'impatto sarebbe stato troppo duro.
Risotto day
The bus
Traditional rom in traditional clothes
Nice places for nice seeing
Plugged Bucarest
 
Need a taxi?
The gallery
National suffered flag
Just married, be happy
Venice is a fish