28 luglio 2006
La stanchezza taglia le gambe, ma non quelle di legno
Finita è la settimana. Passata in un lampo, quasi manco da accorgersene. Sarà che non c'è stato un momento di riposo. Oggi raccontiamo la giornata di ieri e il lavoro di stamattina. Col gruppo di donne di Focsani sta andando veramente bene e speriamo che vada ancora meglio la settimana prossima. Si è creata in poco tempo una confidenza molto alta, pur nel rispetto dei ruoli. Lo stesso Catalin si è stupito. Dopo il turno di ieri, in cui abbiamo cominciato la composizione creativa, a partire dal corpo singolo fino a quella complessa con varie persone nello spazio, oggi è stato il momento di passare allo sviluppo dei temi che andremo a drammatizzare.Abbiamo scelto due argomenti ampi, che avrebbero possibilità di sviluppo anche al di fuori della Romania, essendo pressocché universali. Divise le allieve in due gruppi, abbiamo con loro iniziato ad affrontare gli argomenti della discriminazione economica e quella sessuale. Da oggi cominciano a lavorare separate, affinché possano essere, le une per le altre, spettatrici critiche della dimostrazione finale. Siamo in pieno contesto delle tecniche elaborate da Boal col teatro dell'oppresso. Oggi si è trattato di approfondire il tema, a partire dal racconto della loro realtà locale, fino a specificare una situazione precisa, definita attorno ad un conflitto, attraverso cui costruire il canovaccio della rappresentazione.
Lo scopo del lavoro, per chi conosce Boal, non è quello di recitare una scenetta. Va costruita con cura una sceneggiatura di azioni sulla quale appoggiarsi per il lavoro di improvvisazione. Alla fine della mattina, rispettando i tempi che ci siamo dati, siamo riusciti a descrivere la situazione di partenza. Trovato il conflitto, abbiamo individuato le differenti fasi di evoluzione e assegnato i ruoli. In questo caso è stata determinante la conoscenza operata attraverso gli scorsi giorni di lavoro.
Nel passaggio odierno, con la riduzione degli attori in causa seguita alla divisione in due gruppi, sono cambiate ancora le dinamiche. Percepiamo maggiore coesione, più rispetto e ascolto per il punto di vista delle più giovani, una maggiore consapevolezza dell'obiettivo comune. In tutto questo, senza aver troppo spiegato il perché stiamo facendo far loro tutte queste cose, cominciamo ad intendere dove il lavoro le sta portando. Questo è forse il primo e più grosso risultato. Ora si tratta soltanto di gestire bene tutta la fase di elaborazione complessa, aiutandole ad utilizzare gli strumenti raccolti in questa prima parte del cammino.
Tutta un'altra storia per l'attività di ieri pomeriggio. Dopo il flop pioggia, che ci ha costretti a rimandare, torniamo al campo sportivo coi nostri attrezzi di legno. Tre paia di gambe di legno nuove fiammanti, costruite nel laboratorio di falegnameria dell'associazione. Freniamo davanti allo stadio ed è subito chiaro che le due ore successive saranno di puro delirio.
I bambini ci scortano urlacchiando fino all'unico pezzetto di ombra della zona. Vogliono portar loro gli attrezzi che abbiamo costruito. Dopo la camminata coi trampoli per la città di due giorni fa, stiamo in mezzo ad un entusiasmo disarmante. Non puoi che voler bene a sti nanetti. Pure a quelli che fanno i furbi o ai più grandi che fanno i sostenuti e poi giocano senza ritegno.
Descrivere le due ore successive è difficile. Sventiamo l'assalto di massa inventando sul momento delle regole universali. Tipo: un paio di trampoli è per le bambine, uno per i piccoli, il terzo per i più bravi. Oppure: fare i turni ed aiutarsi a vicenda, cosicché chi è stato più veloce si dedichi agli altri per aiutarli. O ancora: prima chi non ha mai provato e poi si ripete il giro. Incredibile ma, nonostante la bolgia, sono più rispettosi di quello che temevamo. Dopo un'ora passata passata come un fulmine, lasciamo i bimbi in gestione personale e viriamo su altre attività di gruppo.
Giocare, mica altro. Alla fine gli stimoli sono uguali per tutti i bambini del mondo. Parte dunque il delirio del "3 tocchi" con una linea immensa di combattenti, salvo poi passare a "Vefrike de Dracula", molto più adatto a tenere impegnata una massa così elevata di scalmanati ragazzetti. Si corre a perdifiato. Non sempre si resta corretti (del resto manco noi adulti), ma l'effetto è lo stesso. Rimasto solo alla fine del gioco fronte a tutto il resto del gruppo, temo l'iniziativa collettiva. Capitanati da Filippo, i bimbi utilizzano la scusante del gioco e partono all'inseguimento. Stai al gioco e scappi, in direzione diametricamente contraria all'orda avanzante. Ultima galoppata a zig ag per il campo, la marea urlante dietro, poi in un modo o nell'altro ti prendono e sei finito. Mucchio finale e bombole di ossigeno.
Facciamo ancora due vertcali sull'erba, per attivare la competizione, ma il pomeriggio è andato, ora di andare a casa. Ciao a tutti. Restano i volontari del campo internazionale che hanno pazientemente aspettato tutto il tempo. Ora i legni se li prendono loro e zompettano qua e là per il campo. Per noi passaggio a casa, doccia e cucina italiana, finalmente. Spaghetti alla carbonara per tutti. Poi basta.